Franziska Jennifer Lange, Das Aquarium, 2013.
Quando avevo il Kindle da meno di un anno, nel 2013, mi sono imbattuta in questo libro di cui mi piacevano la trama e la copertina. Probabilmente ho letto l’anteprima, probabilmente era gratuito o costava pochissimo, fatto sta che l’ho preso e lasciato lì per cinque anni, perché me l’ero scordato e dopo non mi attirava più tantissimo.
Il libro, con la copertina che vedete qui a fianco, era, credo, autopubblicato, poi ho scoperto che è stato pubblicato “ufficialmente” a fine 2016 dalla casa editrice SadWolf Verlag. Ignoro se il testo sia rimasto lo stesso o se abbia subito modifiche sostanziali, anche se da una recensione che ho avuto modo di leggere mi viene da pensare che almeno il finale sia stato pesantemente cambiato, diventando addirittura l’esatto contrario di quello che era in questa versione forse non ancora definitiva. Forse non è stato neanche un male, dato che ho trovato questo finale un po’ debole e poco credibile, e in ogni caso mi baso solo su un paio di parole trovate in una recensione, non ho avuto modo di leggere il finale definitivo e per l’appunto neanche il libro definitivo.
Ad ogni modo, il romanzo.
Il protagonista è George, un web designer trentaduenne che abita al 22° piano di un palazzo di Amburgo insieme al suo gatto Van Helsing. Veniamo a sapere ben presto che George non esce di casa da due anni, e quando dico che non esce di casa non è un modo per dire che esce poco, ma proprio che non esce, ovvero non mette nemmeno il naso fuori dalla porta dell’appartamento, se non per aprire alle persone che gli consegnano i suoi molti acquisti fatti online o le pizze a domicilio.
Un giorno George è praticamente “costretto” a socializzare con altre persone (normalmente ha tre amici, che sente via email o via SMS), quando la ragazza della pizzeria a domicilio si autoinvita a bere una bottiglia di vino con lui, e in seguito quando uno dei suoi tre amici gli piazza in casa un coinquilino, Paddy.
Da notare che George non beve perché è un ex alcolista, e tuttora frequenta il forum online degli Alcolisti Anonimi. Inoltre, la ragazza della pizzeria gli ricorda enormemente sua sorella Betty che, scopriremo, si è suicidata anni addietro perché il padre la violentava. Da qui il colossale senso di colpa di George, che crede di non aver fatto abbastanza per proteggerla, senza tenere presente il fatto che erano solo bambini e che lui non avrebbe potuto fare molto. In seguito a questo fatto e a una relazione sentimentale finita male, George sviluppa una fortissima agorafobia con attacchi di panico che, appunto, lo tengono chiuso in casa per due anni.
Dico subito che il romanzo non è perfetto, forse proprio perché è una versione non ancora definitiva. Per esempio, mi sono chiesta per tutto il libro come cavolo faccia George con l’immondizia. Ok, magari gli escrementi del gatto li butta nel WC, ma la propria immondizia chi gliela butta? Oppure, come fa ad avere soldi in contanti per pagare la pizza a domicilio, se non esce da due anni? Forse queste problematiche sono state risolte nella versione definitiva.
Inoltre, come accennavo, il finale non mi ha convinta particolarmente, ma come dicevo ho il forte sospetto che sia stato stravolto nella versione definitiva, e forse questo è un bene, se non per George, quantomeno per la coerenza della storia.
Il romanzo sembra mettere moltissima carne al fuoco: agorafobia, pedofilia, suicidio, attacchi di panico, bulimia, relazioni problematiche, alcolismo, ecc. Per un po’ mi sono chiesta se questo non fosse eccessivo. Tuttavia, no, non lo è. Perché il nodo da cui tutto parte è la violenza sessuale che Betty, la sorella del protagonista, subisce ad opera del padre, e ben sappiamo come questo possa portare a tutta una serie di altre, grosse problematiche sia per la vittima che per chi le sta accanto. Quindi in realtà il romanzo in questo senso è molto realistico, cioè racconta le cose come realmente possono essere andate in un caso del genere. Certo, l’agorafobia di George è estrema e a molti potrebbe sembrare incredibile, ma io invece la trovo credibilissima per quanto estrema.
La scrittura è molto, molto particolare. Il romanzo è narrato in prima persona da George e lo stile è orale. Seguiamo il flusso dei pensieri del protagonista-narratore, ma non è un flusso di coscienza. È piuttosto un leggere dentro la sua testa le cose come gli passano in mente, ma quasi come se stesse parlando a qualcun altro o al limite scrivendo su un diario. È uno stile molto “giovane”, infarcito di termini del parlato, slang, modi di dire e, nel caso specifico, parole in inglese, dato che il tedesco “giovane” si mischia molto con l’inglese. È un tipo di scrittura che all’inizio può dare fastidio, perché pare un po’ come leggere un libro dello YouTuber diciottenne di turno, invece è chiaramente fatto apposta: l’autrice ci ha voluto portare nella testa di George, probabilmente per farci capire meglio il suo mondo e quello che gli sta succedendo, e non poteva farlo in modo migliore di questo.
Mi rendo conto dello scarso senso che ha scrivere una recensione in italiano di un libro che esiste solo in tedesco, ma è un romanzo che mi ha colpito molto e, a mio modo, ho voluto dire la mia opinione. Poi chissà che magari qualche lettore italiano che sa il tedesco non decida di leggerlo, e chissà anche che qualche casa editrice italiana non decida di tradurlo. Questa autrice, che credo esordiente, se lo meriterebbe tantissimo, perché ha scritto un romanzo di grande interesse e impatto.