Robert Marasco, Burnt Offerings (Offerte sacrificali)

Pubblicato nel 1973, secondo la prefazione questo è stato uno dei libri che ha dato vita all’horror come genere. Ben presto caduto nel dimenticatoio, dobbiamo ringraziare la casa editrice Valancourt per averlo ripubblicato qualche anno fa. Il libro è poi stato tradotto in italiano come Offerte sacrificali per Sperling & Kupfer e uscito l’anno scorso. Oggi sicuramente fa ben poca paura, ma si nota che ha ridato nuovo lustro al filone delle case infestate (filone che certo era frequentato anche prima, ovviamente).

Ben e Marian Rolfe sono una coppia di sposi e vivono in un appartamento con il loro figlio David, di circa 8 anni. L’appartamento è angusto e ha i problemi di tutti gli appartamenti: rumori, vicini spioni, e così via. I Rolfe non sopportano questi difetti, in particolare il continuo suono del pianoforte di un appartamento vicino, dove vive un insegnante di musica. Decidono perciò di trascorrere i mesi estivi in una casa in campagna. O meglio, è Marian che decide, e Ben si adegua ai desideri della moglie come fa sempre, e questo nonostante le finanze ben misere.

Marian ha sempre la meglio su tutto, è dispotica e viziata, e Ben è una specie di zerbino ai suoi piedi. Io l’avrei mandata a quel paese molto prima. Comunque, a parte questo, è ovviamente lei che decide di prendere una bellissima dimora di campagna, dopo trascorreranno i due mesi estivi. È una dimora maestosa e gigantesca, ma completamente in rovina: sarà per questo che il prezzo dell’affitto è così basso? O, come sospetta Ben, ci sarà dietro qualcos’altro? Di certo c’è la signora Allardyce, arzilla ottantacinquenne madre dei proprietari della villa, che sta sempre chiusa nella sua camera ma che ha ovviamente bisogno di qualcuno che le prepari e le porti da mangiare. Sembra l’unica magagna della villa, ma sarà davvero così? Ovviamente no, altrimenti che casa infestata sarebbe?

La prima parte del libro procede un po’ lentamente, o forse è stato solo il mio blocco del lettore che mi ha portato a percepirla come lenta. Tuttavia, ben presto iniziano l’azione e le stranezze. Marian sembra ossessionata dalla casa, Ben è convinto che ci sia qualche magagna, David si diverte come può, la zia Elizabeth, che trascorrerà l’estate con i Rolfe, cerca anche lei di trarre il meglio da questa vacanza, e la signora Allardyce non si fa vedere. Ben presto inizieranno i problemi di salute, si inasprirà l’ossessione di Marian, inizieranno i comportamenti bizzarri dei personaggi.

Il libro mi è piaciuto molto, soprattutto se letto tenendo conto del fatto che ha cinquant’anni. Come dicevo, oggi non fa più paura, ma mi sembra tutt’altro che invecchiato male, se si eccettua l’atteggiamento maschilista che lo permea, per cui Ben tratta sempre la moglie come una mezza cretina, che però lo irretisce completamente. Mi sento di consigliare la lettura agli amanti del genere “case infestate”, secondo me non ve ne pentirete.

Titolo: Burnt Offerings
Titolo italiano: Offerte sacrificali
Autore: Robert Marasco
Casa editrice: Valancourt Books
Pubblicazione originale: 1973
Numero di pagine: 170

William Hope Hodgson, The House on the Borderland (La casa sull’abisso)

William Hope Hodgson, The House on the Borderland, e-artnow. Pubblicazione originale 1908.

La casa sull’abisso è un breve romanzo che si ascrive al genere lovecraftiano, detto anche horror cosmico: un genere che pone l’enfasi sullo sconosciuto e l’incomprensibile, più che sugli aspetti a cui più spesso associamo l’horror (Wikipedia). In realtà, trovo che in questo caso l’etichetta di horror cosmico sia calzantissima (La casa sull’abisso è il non plus ultra dell’horror cosmico), mentre quella di lovecraftiano sia fuorviante: casomai è Lovecraft a essere hodgsoniano, dato che da questo libro ha attinto a piene mani. A sua volta Hodgson attinge a piene mani da H.G. Wells.

Due uomini in vacanza trovano un misterioso rudere affacciato su un abisso e, lì vicino, trovano un manoscritto che costituisce il nucleo di questo romanzo. Il testo è stato redatto da un uomo senza nome che dice di essere chiamato pazzo dai suoi compaesani, ma che cionondimeno ci racconta le proprie bizzarrissime esperienze. Scontri con uomini-maiali, esperienze extra-corporee, incontri con divinità di vari pantheon del mondo, fine del sistema solare: c’è un po’ di tutto in questo romanzo, tanto che sembra molto meno breve di quanto non sia in realtà (in teoria sono circa 150 pagine, in pratica sembrano almeno il doppio). C’è da dire che questa sensazione di lunghezza non deriva solo dall’innumerevole quantità di avvenimenti a cui il nostro va incontro, ma anche dalla pesantezza della narrazione.

Per me è stata una rilettura successiva a una prima lettura fatta da adolescente e ho constatato che non ricordavo niente di questo libro. Quindi sono contenta di averlo riletto, anche per valutare se il mio giudizio fosse ancora simile (all’epoca mi era piaciuto ma non mi aveva entusiasmato). Inoltre ora l’ho letto in lingua originale, cosa che spesso mi piace fare con i libri che avevo originariamente letto in traduzione a causa delle mie allora scarse conoscenze della lingua originale. Devo dire, purtroppo, che questa volta il mio giudizio è stato ancora più tiepido della prima volta. Intendiamoci, è una pietra miliare dell’horror d’annata e ha fatto tantissimo per tutto quello che è venuto dopo, Lovecraft in primis. Però l’ho trovato noioso e troppo wellsiano. La parte che ho preferito è stata quella in cui assistiamo all’assalto delle cose-maiali, mentre la parte dedicata al sistema solare è stata per me terribile.

In conclusione è un libro che consiglio agli amanti del genere, però lo trovo invecchiato male. Contrariamente a molti dei racconti del suo “fan” Lovecraft.

Stephen King, Insomnia

Stephen King, Insomnia, Hodder & Stoughton, 2010. Pubblicazione originale 1994.

Mi sono approcciata a questo libro pensando di leggere un horror, invece, se si eccettua l’ultimo terzo, di horror non ha niente. Lo ascriverei piuttosto al genere soprannaturale. Tuttavia ciò non dovrebbe togliere nulla al godimento della lettura, perché a me il soprannaturale in letteratura piace molto.

Parto subito col dire che il libro mi è piaciuto abbastanza, ma è ben lontano dal fare il botto. È un romanzo con parti molto filosofiche, ci si interroga sullo Scopo e sul Caso presenti nelle vite umane, e c’è anche un argomento che dopo quasi trent’anni è ancora di estrema attualità, ovvero il tema dell’aborto. Viene data voce sia ai pro-life che ai pro-choice, ma i primi sono rappresentati come dei pericolosi esaltati (come in effetti spesso sono).

Mi interessava molto questo libro perché io stessa ho sofferto di insonnia grave una decina di anni fa, ma era del tipo classico, ovvero quello nel quale non riesci a prendere sonno se non verso l’alba. L’insonnia di Ralph invece è diversa, è di un tipo più raro: si sveglia sempre più presto la mattina, benché la sera riesca ad addormentarsi alla solita ora.

Quello che mi è piaciuto molto è la scelta di creare due protagonisti (e molti comprimari) avanti con gli anni, intorno alla settantina e in qualche caso anche di più. Ci sono anche personaggi più giovani, ma i principali sono anziani. È una scelta molto interessante e sviluppata egregiamente, perché questi personaggi non vengono rappresentati come simpatici vecchietti, ma come persone a tutto tondo, che non si vergognano di provare dolore e anche di amare. Penso che questo sia l’aspetto più riuscito del romanzo. Inoltre il finale è eccellente, ma chiaramente non posso svelare niente.

Per il resto, l’ho trovato troppo filosofico e troppo psichedelico per i miei gusti, molto allucinatorio. E anche troppo lungo (circa 900 pagine nella mia versione). Quindi prende la sufficienza ma non va oltre.

Infine, una nota: pare che in questo romanzo ci siano moltissimi riferimenti ad altri libri di King, ma credo di non averne colti molti perché, ahimè, finora non ho letto tanti suoi libri. Belle però le citazioni/omaggi al Signore degli Anelli.

J.B. Priestley, Benighted

J.B. Priestley, Benighted, Valancourt Books, 2018. Pubblicazione originale 1927.

Valancourt Books è una casa editrice americana che mi piace tantissimo e che ho scoperto grazie a Goodreads. In particolare si dedica a riscoprire classici dimenticati della letteratura horror, weird, gotica e vittoriana, ma pubblica anche libri a tematica LGBT. Se vi iscrivete alla loro newsletter potrete scoprire non solo le ultime novità, ma anche quale/i ebook mettono in promozione su Amazon ogni mese. A settembre trovate questo libro a 3 euro e vi consiglio di farci un pensierino. Quando ho letto la trama mi ha subito incuriosito e non ho potuto fare a meno di comprarlo e leggerlo subito.

Il filone a cui si ascrive questo libro non è tanto quello delle case infestate (haunted houses), quanto quello delle case sinistre che, come mi insegna la prefazione, era all’epoca un genere a sé, chiamato “old dark house”. Non ci sono strane presenze, ma è proprio la casa in sé, e in particolare i suoi abitanti, ad essere sinistra. Un aggettivo che ricorre spesso nel corso del libro è “putrido”: l’atmosfera della casa è descritta come putrida, a un certo punto si dice che uno dei personaggi sembra qualcosa in putrefazione. Naturalmente non bisogna prendere alla lettera questa aggettivazione: non stiamo parlando dell’aria che si respira in senso letterale, ma in senso lato. Un’atmosfera, una sensazione.

Il romanzo potrebbe sembrare ai nostri occhi pieno di cliché, ma dobbiamo ricordarci che è stato scritto quasi cento anni fa, nel 1927. All’epoca, si dice nella prefazione, questo della “old dark house” era un filone molto in voga, ma sicuramente (secondo me) era comunque un filone più “fresco” di quanto non sia adesso, quando ormai il cinema e la letteratura ci hanno abituato fino allo sfinimento alle case sinistre.

L’inizio del libro mi ha ricordato molto The Rocky Horror Picture Show, che infatti viene anche citato nella prefazione come una parodia del genere. Tre persone (marito e moglie più un loro amico) si sono perse nella campagna del Galles, sotto una pioggia torrenziale che arriva ad essere un’alluvione e a causare frane insuperabili. A un certo punto vedono le luci di una casa e, come nella migliore tradizione horror, ingenuamente decidono di chiedere riparo per la notte. Non vengono accolti bene dai tre abitanti della casa. Il maggiordomo o servitore o quel che è, Morgan, è un uomo muto e bestiale che mi ha ricordato molto il mostro di Frankenstein, e non sembra neppure capire cosa vogliano quegli estranei. Il signor Femm li accoglie in maniera estremamente riluttante, ma la sorella, Rebecca Femm, una vecchia quasi sorda, grassa e infernale nella sua mania religiosa, dice che i tre non possono restare. Tuttavia finiranno per restare.

L’atmosfera è sinistra, opprimente, gli inquilini della casa sono stranissimi ognuno a suo modo, e chiaramente nascondono qualcosa. I tre sfortunati protagonisti sono a loro volta bizzarri, in particolare Penderel, l’amico della coppia: da poco tornato dalla guerra, non ha trovato il suo posto in una società profondamente cambiata e ormai privata di quegli uomini che la rendevano vivibile e bella, morti in guerra e ormai sepolti. Penderel ogni tanto è preso da momenti di acuta depressione, o meglio da un senso di vuoto incolmabile: «uno stato d’animo ricorrente, che toglieva tutto il colore dalla vita e riempiva la bocca di cenere». Vediamo bene che lo stato d’animo di tutti quelli che si trovano nella casa non è dei più rosei e necessariamente le stranezze degli abitanti e della casa stessa finiscono per avere il sopravvento.

Non me la sento di dire molto di più sulla trama, è un libro molto breve (appena 182 pagine) e succedono diverse cose che sarebbe peccato svelare, anche se, oltre agli avvenimenti, a farla da padrona è l’atmosfera di sospetto, menzogna, non detto, oppressione.

Il romanzo mi è piaciuto enormemente e cercherò altri libri di Priestley. Chiaramente, giova ripeterlo, per apprezzare questo libro è necessario ricordarsi ad ogni pagina che è stato scritto quasi cent’anni fa, altrimenti si finirà per essere sopraffatti da quelli che al giorno d’oggi sono ormai cliché. Se siete in grado di fare questo, ve lo consiglio moltissimo, in particolare se siete amanti del genere.

Bram Stoker e Valdimar Ásmundsson, I poteri delle tenebre. Dracula, il manoscritto ritrovato – 1901

Bram Stoker e Valdimar Ásmundsson, I poteri delle tenebre. Dracula, il manoscritto ritrovato (tit. originale Makt Myrkranna), Carbonio Editore. Traduzione dall’inglese di Matteo Curtoni e Maura Parolini.

Questo è un libro particolarissimo, che suscitò un certo interesse all’epoca della sua pubblicazione in Italia, nel 2019.

Cominciamo dall’inizio. È una traduzione italiana dall’inglese, a sua volta una traduzione dall’islandese, a sua volta una traduzione dallo svedese, a sua volta una traduzione dall’inglese. Vi sta girando la testa e non ci pensate per niente a prendere in mano questo libro neanche per errore? Fermatevi, non lasciatevi scappare un’opportunità e lasciatemi spiegare.

Il testo di base è Dracula di Bram Stoker, che di certo non ha bisogno di presentazioni. Uscito nel 1897, nel 1899 fu tradotto in svedese, versione presa come base per la traduzione islandese uscita a puntate su un giornale locale nel 1900 e poi pubblicata in forma di libro nel 1901. A quanto pare, e per quanto possa sembrare incredibile, nessuno si era mai accorto, fino a qualche anno fa, che la traduzione islandese era ben lungi dall’essere una traduzione fedele dell’originale. Ma non si tratta di qualche libertà presasi dal traduttore, qualche licenza poetica o qualche errore. Non è solo il fatto che Jonathan Harker si chiama Thomas e Mina è Wilma, mentre Lucy Westenra è Lucia Western. È qualcosa che va molto più in profondità. Makt Myrkranna è una riscrittura di Dracula. Probabilmente basata su appunti di Bram Stoker e probabilmente, addirittura, Stoker stesso ha in qualche modo collaborato con Valdimar per la scrittura di questo libro. Perciò, nel 2017 Hans Corneel de Roos decide di ritradurre in inglese questa peculiarissima edizione islandese, che ha solo preso spunto da quella svedese, così come ha solo preso spunto dall’originale.

Il testo è corredato da introduzione, prefazione, postfazione e oltre 400 note: una chicca per studiosi, ma anche un libro di grande interesse per tutti gli appassionati di Dracula (certamente, guardatevi bene dal leggere I poteri delle tenebre prima di aver letto Dracula, se proprio siete fra quei pochi che non lo hanno ancora letto).

Il romanzo di Valdimar prende a pienissime mani da quello di Stoker, ma non è lo stesso romanzo. Assolutamente. I poteri delle tenebre è molto più erotico e molto più dark (anche se, in quanto a sensualità dark, il battesimo di sangue di Mina per me rimane inarrivabile). La prima parte, quella dove Jonathan (qui Thomas) Harker racconta il proprio soggiorno al castello del conte Dracula, è molto più lunga dell’originale e vi sono numerose differenze. Per fare un esempio, Harker non incontra tre donne conturbanti ma una sola, bellissima donna, che vede più volte e con la quale ha incontri anche parecchio “ravvicinati”. Ma le differenze non si fermano certo qui. Il conte risulta estremamente più malevolo che nell’originale, per quanto certamente lo fosse già in origine.

La seconda parte invece è enormemente condensata (se vi interessa, de Roos indica anche la differenza quantitativa di parole tra l’originale e la “traduzione”) e sembra molto tirata via. È composta da alcuni capitoli di appena qualche pagina l’uno, dove tutto viene raccontato con grande rapidità e, verrebbe da dire, sciatteria, quasi. Renfield non compare, il dottor Seward finisce per impazzire, la stessa fine del conte è diversa da quella che ci ha dato Stoker. Diciamo pure che la seconda parte fa perdere numerosi punti al libro, mentre la prima è veramente interessante.

Per concludere, è un libro estremamente interessante per tutti gli appassionati di Dracula e potete scegliere di leggerlo come un semplice romanzo o come un inestimabile documento, seguendo tutte le 400 e passa note di de Roos. Per parte mia, sono felice di averlo letto, anche se è ovvio che il romanzo di Stoker resta inarrivabile.