Jo Nesbø, Macbeth

La Hogarth Press è una casa editrice inglese che alcuni fanni fa commissionò ad alcuni autori famosi la riscrittura di diverse opere shakespeariane. Un paio di anni fa ho letto Seme di strega di Margaret Atwood, riscrittura de La tempesta, ora invece ho voluto cimentarmi con il Macbeth di Jo Nesbø, che volevo leggere da molto tempo.

Due premesse: è il primo libro che leggo di Nesbø e, per la sua natura, dubito che sia fra i suoi più rappresentativi, perciò aspetto di leggere altro di suo prima di giudicare l’autore. Inoltre, il Macbeth è la mia opera shakespeariana preferita e, secondo me, uno dei testi più belli mai scritti in assoluto. Ho una vera e propria adorazione per questa tragedia, perciò ero curiosissima di questa riscrittura in chiave thriller.

Devo dire innanzitutto che secondo me non è facile godersi appieno il libro se non si conosce la tragedia di Shakespeare, perciò, se siete tra i pochi che non l’hanno ancora letta, prima di approcciarvi a questo romanzo vi consiglio di leggere il libro e/o di vedere uno dei film che ne sono stati tratti o, meglio ancora, di vederla a teatro. Altrimenti temo che molte cose possano sembrare strane, esagerate o fuori luogo.

Macbeth di Nesbø è una vera e propria riscrittura: l’autore riprende i nomi dei personaggi e le loro caratteristiche, le situazioni, gli avvenimenti, la trama, perfino molte battute sono riprese pari pari dalla tragedia di Shakespeare. Questo mi è piaciuto moltissimo, perché l’ho trovato un modo molto bello e interessante di rendere omaggio all’originale. Il caso del libro di Atwood era diverso, perché lì l’opera di Shakespeare veniva portata sul palcoscenico all’interno della cornice del romanzo (per saperne di più vi consiglio di leggere la mia recensione).

Il romanzo si svolge in una città non meglio specificata di un Paese non meglio specificato, vicina a Fife, quindi pensiamo immediatamente alla Scozia. La città è preda della droga e della criminalità, un posto veramente spaventoso. Macbeth è il capo della SWAT, nonostante la giovane età (ha poco più di 30 anni). Duncan è il commissario capo della polizia, e intorno ai due ruotano moltissimi altri personaggi che non sono affatto secondari, ma anzi rivestono grande importanza. Lady, la compagna di Macbeth, entra in scena solo dopo un po’, ma si prenderà la scena con forza, con il suo incredibile carisma, la sua bellezza e la sua ambizione.

La droga è un elemento onnipervasivo del romanzo e potremmo dire che è anch’essa una dei protagonisti: le persone che si drogano sono tantissime e vedremo ben presto che non sono solo quelle nelle strade. Altre protagoniste sono l’ambizione, la sete di potere (non per niente una delle droghe consumate in città, ma elitaria, si chiama “power”) e la corruzione.

C’è tantissima violenza in questo libro, direi quasi di più rispetto a quello che ci si aspetterebbe da un comune thriller, e nella parte finale del romanzo tutto diventa esagerato, sopra le righe, inverosimile e incredibile. In linea con l’opera originale. Anche per questo dico che non ci si dovrebbe approcciare a questo libro senza conoscere il Macbeth di Shakespeare, perché altrimenti sembrerebbe soltanto un thriller troppo sopra le righe ed eccessivo, pure un po’ mal fatto. Invece, nel quadro dell’opera originale, tutti i pezzi si incastrano, tutto è al proprio posto, tutto ha senso e niente potrebbe essere diverso da com’è.

La scrittura è molto cinematografica, sembra che l’autore abbia scritto il libro avendo già in mente un’eventuale trasposizione cinematografica: potrebbe essere semplicemente il suo stile, giudicherò quando avrò letto altri suoi libri. In alcuni casi l’ho trovato un po’ irritante, se posso essere sincera, perché non amo quegli autori che scrivono strizzando l’occhio al cinema, mi sembrano presuntuosi nel loro pensare che il libro sarà necessariamente trasposto in un film. Comunque, un difetto davvero piccolo se paragonato alla potenza del libro.

Certamente lo consiglio e non solo agli appassionati di thriller, ma anche a tutti gli appassionati del Macbeth di Shakespeare, perché ne rispetta appieno lo spirito.

Titolo: Macbeth
Titolo originale: Macbeth
Autore: Jo Nesbø
Traduttrice: Maria Teresa Cattaneo
Casa editrice: Rizzoli
Pubblicazione originale: 2018
Numero di pagine: 464
Lingua originale: norvegese

Nova Lee Maier, Mother Dear

Nova Lee Maier, Mother Dear (tit. originale Lieve mama), Amazon Crossing, 2019. Traduzione dall’olandese di Jozef van der Voort.

Questo libro era gratuito su Kindle per la Giornata mondiale del libro 2022 e l’ho preso perché mi piacciono i thriller psicologici e soprattutto perché è stato tradotto da un mio ex collega, cosa che mi ha reso ancora più curiosa. Premetto dicendo che non posso giudicare la traduzione, non essendo l’inglese la mia lingua madre, ma mi è parsa molto buona, cosa confermata da alcune recensioni che ho visto in giro.

È molto difficile parlare di questo romanzo senza fare SPOILER, perciò siete avvisati. Se volete leggerlo forse fareste meglio a non leggere questa recensione.

Brian e Ralf sono due ragazzi giovanissimi che vivono da qualche parte in Olanda e decidono di fare la loro prima rapina. In realtà Ralf non è molto convinto, è Brian a convincerlo, più che altro perché ha bisogno di un autista. Le cose però andranno nel modo peggiore possibile: mentre Ralf aspetta in macchina, Brian entra in casa, ma non ne esce più. Fin qui siamo ancora in quello che c’è scritto nella quarta di copertina. Ora proseguiamo.

Sostanzialmente si tratta di una rapina finita male, come ce ne sono tante purtroppo. Trovo odiose le recensioni di alcuni lettori americani che dicono più o meno “è una trama stupida, in America tutto questo non potrebbe succedere perché da noi c’è un rapporto diverso con le armi, quindi non ha senso”. Giuro che ho letto alcune recensioni così e sono stufa marcia del provincialismo di alcuni americani.

Ralf ha sentito tre spari mentre aspettava fuori e piano piano si convince che Werner Möhring, il proprietario della casa, abbia ucciso Brian per poi occultare il cadavere. Devo dire che ho odiato i due personaggi di Werner e Helen Möhring, due psicopatici che conducono una vita del tutto normale e che danno sfogo alla loro psicopatia per non perdere il loro status quo. L’impressione è che l’autrice volesse rendere simpatica la figura di Helen, con la quale forse il lettore dovrebbe empatizzare, ma per me è psicopatica tanto quanto il marito e l’ho trovata insopportabile con tutti i suoi facili rimorsi di coscienza.

Il finale è davvero sorprendente, non me l’aspettavo. Dopo aver passato quasi tutto il libro dentro la testa di Helen e Ralf, una con i suoi inutili rimorsi e l’altro con i suoi tentativi di scoprire che fine ha fatto il suo amico, c’è un colpo di scena eccezionale che rivaluta tutto il libro. Perché diciamoci la verità, la maggior parte del libro è noiosa e si trascina veramente troppo a lungo (415 pagine? per favore, pietà…). Inoltre non mi è piaciuta la struttura del romanzo, fatta di brevissimi capitoli che alternano i punti di vista di Ralf e di Helen. Lo salvo comunque per il finale, ma non mi sento di consigliarlo.

Nova Lee Maier ha scritto molti altri thriller, anche con il suo vero nome Esther Verhoef: magari gli altri sono migliori. Credo che nessuno sia stato tradotto in italiano, ma alcuni sono tradotti in inglese se non sbaglio.

Glenn Cooper, Il debito

Glenn Cooper, Il debito (tit. originale The Debt), Nord. Traduzione dall’inglese di Barbara Ronca.

Non avevo mai letto niente di Glenn Cooper e ho scoperto questo libro grazie al mio gruppo su Goodreads, con il quale in questo bimestre stiamo leggendo dei libri sulla Città del Vaticano. La scrittura di questo autore mi è piaciuta molto e penso che senz’altro approfondirò la sua conoscenza. Ottima anche la traduzione di Barbara Ronca, davvero impeccabile.

In Italia questo libro è stato pubblicato come il secondo della serie di Cal Donovan, ma seguendo l’ordine di pubblicazione originale è in realtà il terzo e ultimo.

A Cal Donovan è stato concesso l’accesso illimitato alla sterminata biblioteca degli Archivi del Vaticano e il professore di Harvard ne approfitta per fare le proprie ricerche su un cardinale vissuto nell’Ottocento. Nel corso delle sue ricerche, però, si imbatte in un documento che porta alla luce un debito contratto dall’allora Stato Pontificio con la banca ebrea dei Sassoon nel 1848. Un prestito ottenuto con la violenza e il ricatto, che il Vaticano non ha mai ripagato. Papa Celestino VI, che con la sua lotta alla corruzione e la sua attenzione per i poveri ricorda Papa Francesco, si interessa a quel debito e chiede a Cal di indagare più a fondo. Ma non tutti nella Curia vogliono che il professore si intrometta in un vecchio affare della Chiesa e vorrebbero che Celestino mettesse da parte il suo interesse per la questione…

Il romanzo mette in evidenza la corruzione e l’attaccamento allo status quo di molti alti prelati del Vaticano, contrapposti alla bontà di Papa Celestino che vorrebbe riportare la Chiesa allo spirito originario del Vangelo, che esorta ad aiutare i poveri.

L’ho trovato interessante e ben scritto, un po’ alla Dan Brown a quello che ne so di quell’autore (che in realtà non ho mai letto). Quindi un po’ inverosimile, forse, ma sicuramente intrigante e che si fa leggere d’un fiato.

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Ho letto questo libro come parte del mio tentativo di ampliare i miei orizzonti di lettura avvicinandomi di più alla narrativa di genere. In questo caso, la mia lettura riguarda il genere thriller.

Peter May, L’isola dei cacciatori di uccelli

Peter May, The Blackhouse, SilverOak, 2011.

Ho scelto questo libro per l’ambientazione: l’isola di Lewis, nelle Ebridi Esterne, luoghi che mi piacerebbe molto visitare.

Fin MacLeod ha appena perso un figlio quando il suo capo lo costringe a tornare al lavoro, in maniera totalmente insensibile. E lo spedisce nell’isola di Lewis, di cui Fin è originario e da cui è scappato da ragazzo per andare all’università a Glasgow. Ora fa il poliziotto a Edimburgo e viene mandato sull’isola sia perché conosce il posto e la lingua, sia perché era stato lui a occuparsi di un altro omicidio a Edimburgo che aveva lo stesso modus operandi di quello appena avvenuto sull’isola.

La narrazione procede su due piani e questo forse ad alcuni potrebbe non piacere (a me è piaciuto): da un lato la narrazione in terza persona in cui vengono raccontati gli eventi attuali e la caccia all’assassino, dall’altro quella in prima persona in cui Fin racconta la sua infanzia e adolescenza sull’isola di Lewis.

Quello che mi ha molto colpito nel racconto dell’infanzia di Fin è il fatto che a scuola ai bambini venisse sostanzialmente proibito di parlare il gaelico, la loro madrelingua. O almeno, non potevano farlo in classe, e tutte le lezioni erano in inglese. Tanto che Fin viene preso in giro (dalla maestra per prima!) perché in prima elementare ancora non parla una parola di inglese. Infatti il suo vero nome è Fionnlagh e come in tanti altri casi viene anglicizzato.

La storia è interessante e ben narrata, mi è piaciuto arrivare a vedere come si svolgesse la conclusione e lo svelamento dell’assassino. L’ambientazione è eccezionale, soprattutto se pensiamo che diverse parti si svolgono ad An Sgeir, uno scoglio in mezzo all’oceano, dove ogni anno gli isolani vanno a uccidere i guga, pulcini dal gusto prelibato (da qui il titolo italiano).

Lo consiglio agli amanti dei thriller e anche a coloro che cercano ambientazioni intense.

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[Libro pubblicato in italiano da Einaudi con il titolo L’isola dei cacciatori di uccelli.]

Caroline Kepnes, You

Caroline Kepnes, You (tit. originale You), Mondadori, 2015. Traduzione di Paola Bertante.

Attenzione: questa recensione contiene SPOILER!!!

Sicuramente l’idea di usare come narratore uno psicopatico con problemi di tipo sessuale è interessante, l’ho fatto anch’io una volta quando (qualche millennio fa) mi dilettavo a scrivere. È altrettanto interessante che il suddetto narratore-psicopatico utilizzi la seconda persona singolare, rivolgendosi tutto il tempo a “te”. Naturalmente, questo “tu” è Beck, la protagonista della sua ossessione, ma è abbastanza disturbante da leggere perché il lettore (la lettrice) potrebbe benissimo immedesimarsi in questo “tu”.

Tuttavia, il mio problema con questo libro non è che sia brutto: forse non lo è, o forse lo è. Il mio problema è che non sono neppure riuscita a capire se sia brutto o meno, tanto l’ho trovato disturbante. Immaginerete che stare dentro la testa di uno psicopatico che si ritiene romanticissimo non può certo essere piacevole.

Molte volte sono stata tentata di abbandonare, tanto più che sicuramente 422 pagine sono troppe per questo tipo di romanzo. Ma ho perseverato e, contrariamente ad altri lettori, ho preferito le parti finali a quella iniziale. Quando Joe, il nostro protagonista psicopatico, scopre che Beck ha trovato la sua scatola segreta e inizia a trattare LEI come una psicopatica, il tutto comincia a diventare ancor più agghiacciante perché siamo di fronte a qualcosa di già visto e sentito milioni di volte: il compagno psicopatico che fa gaslighting alla compagna dopo averla stalkerata nella vita reale e in quella virtuale, e infine la uccide perché lei non vuole stare con lui ma poi gli dispiace, non perché l’ha uccisa ma perché ora non potrà più stare insieme a lei.

In conclusione, come ho detto, non ho idea se questo romanzo sia bello o brutto, so solo che è terrificante e fa orrore. Sconsigliato alle persone sensibili (come io probabilmente sono).