Romanzi cyberpunk

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Come vi dicevo, ho intenzione di approfondire la narrativa di genere e per questo ho creato la categoria “nuovi orizzonti di lettura“, dove troverete le recensioni dedicate a questo obiettivo. Dopo aver letto un thriller, un romanzo storico, un juvenile fantasy e un chick-lit, al momento sto leggendo un lungo romanzo cyberpunk di cui vi parlerò a tempo debito. Ho pensato che magari anche voi potreste aver voglia di esplorare un po’ la narrativa di genere, perciò sto preparando per voi qualche post dedicato a elencare alcuni libri appartenenti ai vari generi, o almeno a quelli più “ostici” (non credo ci sia bisogno di fare elenchi di libri di fantascienza, per esempio).

Partiamo appunto con il cyberpunk, «un genere narrativo che trae spunto dalla critica alla possibilità di un pericoloso sviluppo senza limite della tecnologia e di un controllo capillare dell’individuo da parte di una società oppressiva, reinterpretandoli in chiave fantastica e trasponendoli in un ipotetico mondo futuro». Questa definizione è tratta dal bell’articolo che Wikipedia dedica all’argomento e che vi consiglio di leggere se volete sapere approfonditamente di che si tratta. Anche Wikipedia riporta un elenco di alcuni libri afferenti al genere, ma anche fumetti, film, serie TV, anime, giochi di ruolo e videogiochi.

Io mi affido invece a Goodreads per offrirvi un breve elenco, sicuramente poco rappresentativo, di libri cyberpunk. L’elenco è in ordine alfabetico per titolo. Buone letture!

  • Accelerando di Charles Stross
  • Aidoru di William Gibson (Trilogia del Ponte #2)
  • Alice nel paese dei numeri di Jeff Noon (Vurt #2)
  • Altered Carbon di Richard K. Morgan (Takeshi Kovacs #1)
  • American Acropolis di William Gibson (Trilogia del Ponte #3)
  • Angeli spezzati di Richard K. Morgan (Takeshi Kovacs #2)
  • Arresto di sistema di Charles Stross
  • Codice 4GH di John Brunner
  • Cryptonomicon di Neal Stephenson
  • Daemon di Daniel Suarez
  • Destinazione stelle di Alfred Bester
  • Freeware. La nuova carne di Rudy Rucker (Ware #3)
  • Giù nel cyberspazio di William Gibson (Sprawl #2)
  • Guerreros di William Gibson (Ciclo di Bigend #2)
  • Homeland di Cory Doctorow (Little Brother #2)
  • Il ritorno delle furie di Richard K. Morgan (Takeshi Kovacs #3)
  • Inverso di William Gibson
  • Isole nella rete di Bruce Sterling
  • L’accademia dei sogni di William Gibson (Ciclo di Bigend #1)
  • L’era del diamante di Neal Stephenson
  • La macchina della realtà di William Gibson
  • La matrice spezzata di Bruce Sterling
  • La notte che bruciammo Chrome di William Gibson (Sprawl #0)
  • La ragazza meccanica di Paolo Bacigalupi
  • Le piume di Vurt di Jeff Noon (Vurt #1)
  • Luce virtuale di William Gibson (Trilogia del Ponte #1)
  • Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick
  • Mirrorshades di AA.VV.
  • Monna Lisa Cyberpunk di William Gibson (Sprawl #3)
  • Neuromante di William Gibson (Sprawl #1)
  • Nexus di Ramez Naam
  • Player One di Ernest Cline
  • Polline di Jeff Noon (Vurt #2)
  • Realware. La materia infinita di Rudy Rucker (Ware #4)
  • Senza tregua di George Alec Effinger
  • Snow Crash di Neal Stephenson
  • Software. I nuovi robot di Rudy Rucker (Ware #1)
  • Un oscuro scrutare di Philip K. Dick
  • Wetware. Uomini e robot di Rudy Rucker (Ware #2)
  • X di Cory Doctorow (Little Brother #1)
  • Zero History di William Gibson (CIclo di Bigend #3)

Neil Gaiman, The Graveyard Book (Il figlio del cimitero)

Neil Gaiman, The Graveyard Book, HarperCollins.

Ho detto più volte di avere un rapporto di amore-odio con Neil Gaiman, ma devo dire che andando avanti mi devo ricredere: altro che amore-odio, è un amore viscerale. È vero, non ho amato tanto alcuni suoi libri, ma casualmente sono stati i primi che ho letto, forse semplicemente non ero ancora pronta per l’incontro con questo autore straordinario.

The Graveyard Book, tradotto in italiano con il bel titolo Il figlio del cimitero, è secondo me uno dei più belli di Gaiman. Difficile scegliere quali siano i suoi migliori, in realtà, dato che ho trovato stupendi tutti quelli che ho letto negli ultimi anni. Però questo si classifica particolarmente in alto.

Non so perché sia a volte presentato come uno young adult, dato che il protagonista è un bambino per la maggior parte del libro (assistiamo alla sua crescita, ma gli anni centrali sono quelli dell’infanzia). Tuttavia, come quasi tutti i libri di Gaiman, non è un libro per bambini, ma per adulti; penso che i bambini ne sarebbero spaventati, ma invece magari va bene anche per loro, chissà.

Un bimbo sfugge a un assassino che ha ucciso tutta la sua famiglia e viene adottato dagli abitanti del vicino cimitero. Il bimbo si chiamerà Nobody “Bod” Owens, già di per sé un nome piuttosto strano (per chi non mastica l’inglese, “Nobody” vuol dire “Nessuno”). Bod crescerà a metà fra il mondo dei vivi e quello dei morti, sebbene si senta più parte di quest’ultimo dato che i genitori e il suo guardiano cercano in tutti i modi di impedirgli di lasciare il cimitero, perché fuori è troppo pericoloso per lui.

Il libro è strettamente legato al mondo del sovrannaturale ed è ovvio che sia così, essendo ambientato fra i morti di un cimitero. Potremmo dire che sia un fantasy di quelli senza mostri e draghi, potremmo dire che sia weird fiction, potremmo dire tante cose, ma io direi che principalmente è una storia bellissima.

La parte che mi è piaciuta di più è quella in cui i vivi e i morti si incontrano per la danza macabra, un tripudio di immagini e suoni in cui Gaiman ha dato il suo meglio. Cinematografico, direi.

Forse potremmo chiamarla una storia di formazione, dato che Bod deve imparare a trovare se stesso al confine tra i due mondi di cui fa parte. Di certo è una storia che consiglio caldamente. Davvero un libro stupendo.

*

Per ampliare i miei orizzonti di lettura, questa volta ho scelto un libro classificato nel genere juvenile fantasy, ovvero fantasy per ragazzi.

Stefan Grabiński, Il demone del moto

Stefan Grabiński, Il demone del moto (tit. originale Demon ruchu), Stampa Alternativa 2015. Traduzione dal polacco di Mariagrazia Pelaia.

Racconti fantaferroviari è il sottotitolo dato dalla curatrice Mariagrazia Pelaia a questo volume. E infatti c’è di tutto in questi racconti: treni fantasma, stazioni che appaiono dal nulla, treni che scompaiono, strani segnali ferroviari… e tanto altro. E, in tutti, il fantastico, strettamente legato al soprannaturale. Pare infatti che Grabiński, detto “il Poe polacco”, fosse un appassionato di occulto, parapsicologia e magia.

La raccolta, pubblicata in originale nel 1919, è stata un po’ ampliata dalla curatrice con altri racconti a tema ferroviario e comprende in tutto dieci racconti. La qualità media è alta, poi secondo me ce ne sono cinque che sono belli e cinque che sono eccezionali.

I miei preferiti sono “La zona morta” e “L’amante di Szamota”. Nel primo (che è anche il primo del libro, un bell’inizio col botto), una vecchia stazione e parte della ferrovia vengono dismesse, diventando così una “zona morta”, cioè non più utilizzata. Tuttavia, un anziano ferroviere ormai in pensione si offre come supervisore di quella zona e, non chiedendo in cambio denaro, gli viene concesso di “giocare” a fare ancora il ferroviere, come se non fosse mai andato in pensione. L’uomo tiene la stazione e i binari come un gioiellino, come se sapesse che a un certo punto i treni ricominceranno a passare da lì. Non posso ovviamente svelare come prosegue, ma l’ho trovato commovente.

“L’amante di Szamota”, invece, è l’unico fra i dieci racconti a non contenere elementi ferroviari, infatti non ho ben capito come mai sia stato inserito nella raccolta dalla curatrice, ma è talmente bello che è un’incoerenza che le va perdonata. Szamota comincia a ricevere delle lettere dalla donna, bellissima, che amava e che ormai non vive più nel suo paese. La cosa strana è che quando lei viveva lì sembrava non essersi mai neppure accorta di lui. Un giorno la donna torna al paese e gli dà appuntamento e da lì inizia un’appassionata e passionale frequentazione. Tuttavia, nel corso del racconto le cose si fanno sempre più conturbanti e disturbanti, ci accorgiamo presto che c’è qualcosa che non va. Fino al finale drammatico.

Ho molto apprezzato anche “Ultima Thule”, che parla dell’amicizia fra due ferrovieri che custodiscono la penultima e l’ultima stazione di una ferrovia di montagna. Anche qui c’è l’elemento soprannaturale alla fine.

Mi è piaciuto molto anche “La parabola della talpa di galleria”, dove il protagonista è un uomo che è nato e cresciuto sotto una galleria: la sua famiglia da generazioni era custode dei binari della galleria e il protagonista non ha mai visto la luce del sole, tanto che quando una volta si avventura all’uscita della galleria, la luce gli ferisce brutalmente gli occhi. Un giorno trova un passaggio tra le rocce e farà uno strano incontro…

Infine, molto bello anche “Un caso”, nel quale un uomo (tra l’altro mentre sta tornando dal funerale della fidanzata…) conosce in treno una donna, i due si innamorano e iniziano una relazione che li porta a vedersi solo ed esclusivamente in treno. Ma la donna è sposata…

Se vi capita per le mani questo o un altro libro di Stefan Grabiński, vi consiglio di dargli una chance perché il soprannome di “Poe polacco” non è immeritato. L’ho trovato un autore molto interessante, specie se si pensa che all’epoca (primi del Novecento) il fantastico non era un genere particolarmente in voga in Polonia. Sicuramente da approfondire.

AA. VV., Doorway to Dilemma

AA. VV., Doorway to Dilemma. Bewildering Tales of Dark Fantasy, British Library, 2019.

La British Library pubblica anche dei libri e, tra questi, ha una bellissima serie chiamata Tales of the Weird, che io bramo ardentemente e che collezionerei tutta se fosse possibile. Per ora ne ho tre volumi e il primo che ho comprato è questo. Tales of the Weird, come dice il nome stesso, è una serie di libri del genere weird fiction, di cui più volte mi è capitato di parlare. Si tratta perlopiù di raccolte di racconti (è in questo formato che la weird fiction “old school” ha dato il meglio), molto spesso racconti “dimenticati” o comunque meno noti.

Mike Ashley, il curatore di questa raccolta, chiama la weird fiction “dark fantasy”. Infatti, la weird fiction è un genere fantastico con forti caratteristiche “nere” e spesso soprannaturali, bizzarre e quasi sempre “dark”, per l’appunto. Tuttavia, sebbene sia un bellissimo termine, lo ritengo fuorviante perché molto spesso viene usato per riferirsi ad altro, com’è spiegato qui. La weird fiction non ha niente o quasi niente a che vedere con il fantasy così come lo intendiamo comunemente, ma si avvicina piuttosto all’horror, sebbene non possa del tutto identificarsi con esso.

Come in tutte le raccolte di racconti, anche in questo caso la qualità delle singole storie è altalenante, ma il giudizio finale dell’intera antologia è positivissimo.

Ci sono due racconti che da soli meriterebbero l’intero prezzo del libro. Il primo è The Mysterious Card, con il suo seguito The Mysterious Card Unveiled, di Cleveland Moffett. Se volete potete leggere qui la prima storia e qui il sequel. Nel primo racconto, un uomo americano si rammarica di non conoscere il francese: un giorno, in vacanza a Parigi, una donna gli consegna un biglietto scritto in questa lingua e dunque per lui indecifrabile. Seguono vari tentativi di farsi tradurre il biglietto da varie persone, ma l’unico risultato è fare del nostro protagonista un reietto, abbandonato da tutti. Nel secondo racconto il mistero viene svelato e non lo immaginereste mai.

L’altro racconto che ho adorato è The New Mother di Lucy Clifford, che può essere letto per intero in questo sito dedicato al weird. Si tratta di una favola che somiglia molto a quelle dei fratelli Grimm. Due bambine sono mandate dalla mamma in paese per vedere se ci sono lettere del padre marinaio. Nonostante le raccomandazioni di non parlare con nessuno sconosciuto, si fermano a parlare con una ragazza e da lì seguiranno terribili vicissitudini. Una fiaba veramente molto nera.

Mi sono piaciuti moltissimo anche The Little Room e The Sequel to the Little Room, di Madeline Yale Wynne. Leggeteli, se volete, qui e qui. Nella casa dove è vissuta la madre della protagonista c’è una piccola stanza… o no? A quanto pare, a volte sì e altre no. Il mistero sarà svelato, appunto, nel sequel.

Altri racconti molto belli: The Prism di Mary E. Wilkins (della quale ho già recensito The Wind in the Rosebush and Other Stories of the Supernatural): una ragazza porta al collo un prisma, che ha rubato da una lampada appartenuta a sua madre. Lei sembra vederci qualcosa di strano, gli altri no. Come finirà? The Thing in the Cellar di David H. Keller: un bambino, fin da quando è un poppante, ha una paura smisurata della cantina. I genitori non ci capiscono niente e chiedono aiuto a un medico. Finirà, ovviamente, molto male. In The Three Marked Pennies di Mary E. Counselman, un giorno una cittadina viene tappezzata di innumerevoli cartelli con lo stesso annuncio: l’indomani verranno messi in circolo in città tre penny contrassegnati da tre simboli diversi, ognuno con un significato diverso. Di lì a una settimana, i tre proprietari saranno ricompensati con un’ingente somma di denaro, con un viaggio intorno al mondo, con la morte.

Altri racconti sono discreti, mentre invece non ho particolarmente apprezzato solo un paio delle storie qui contenute, fra cui (sto per dire un’eresia!) The White People di Arthur Machen. Questo autore è uno dei grandissimi della weird fiction e mi rendo conto che non apprezzarlo potrebbe significare non capire niente di questo genere; eppure è il suo secondo racconto che leggo e li ho trovati entrambi soporiferi. Leggetelo voi stessi e mi direte.

Come vedete, ho messo il link a tutti i racconti di cui vi ho parlato, perché sono tutti di pubblico dominio e quindi fruibili gratuitamente, ovviamente in inglese. Tuttavia, consiglio comunque l’acquisto del libro se vi piace il genere, perché è bello averli raccolti tutti assieme in un’antologia splendidamente ricercata da uno studioso del soprannaturale in letteratura.

Mary E. Wilkins Freeman, The Wind in the Rosebush and Other Stories of the Supernatural

Mary E. Wilkins Freeman, The Wind in the Rosebush and Other Stories of the Supernatural, e-artnow.

The Horror Beyond Life’s Edge è un ebook che raccoglie, se non erro, un migliaio tra racconti e romanzi dell’orrore, soprannaturale, ecc. Stiamo parlando esclusivamente di classici. Qualche anno fa Amazon lo aveva messo a disposizione gratuitamente in occasione di Halloween, e sono stata molto contenta di averlo scaricato perché mi ha fatto scoprire alcune vere gemme.

Una di queste belle scoperte è Mary E. Wilkins Freeman, autrice americana di cui ignoravo persino l’esistenza. Questa breve raccolta di racconti contiene storie di fantasmi dall’alto grado di suspense, almeno per gli amanti delle ghost stories classiche. Se invece vi piace solo l’horror contemporaneo, questi racconti vi faranno sbadigliare, immagino.

Il racconto che ho preferito è l’ultimo, “The Lost Ghost”, che è il più creepy di tutti, e anche il più moderno come rappresentazione. Due donne si incontrano per scambiarsi gli ultimi pettegolezzi, e una delle due finisce per raccontare all’amica una vecchia storia: da ragazza aveva alloggiato in una casa infestata dal fantasma di una bambina molto piccola. È una storia anche abbastanza agghiacciante, soprattutto quando scopriamo com’è diventata un fantasma la bambina, ed è anche molto avvincente.

Un altro racconto che mi è piaciuto moltissimo è “The Southwest Chamber”, in cui una donna va a pensione in un’antica dimora e viene messa in una camera dove da poco è morta una vecchia arpia, zia delle due proprietarie della pensione. Lo spettro si manifesterà non fisicamente, come invece nel caso del racconto precedente, bensì con delle stranezze non altrimenti giustificabili che con la presenza di un fantasma che vuole farsi sentire.

Anche gli altri racconti mi sono piaciuti molto, tuttavia sono un pochino sotto questi due, che sono davvero ben riusciti, particolarmente il primo che ho citato.

La scrittura di Wilkins Freeman è per così dire “alla mano”, nel senso che non pecca di pomposità come invece molti autori a lei contemporanei, anzi l’autrice utilizza spesso e volentieri perfino espressioni dialettali o regionali nel dialogo, anche quando a parlare sono persone di classe media. Questo rende i racconti ancor più piacevoli da leggere, perché è tutt’altro che una scrittura pesante.

Ora sono molto curiosa di leggere altro di Wilkins Freeman, ho già adocchiato qualche sua raccolta di racconti. Sicuramente ve la consiglio. Credo, tra l’altro, che alcuni suoi racconti siano stati tradotti in italiano, ma non so darvi indicazioni più precise.