Ayelet Gundar-Goshen, Svegliare i leoni

Ayelet Gundar-Goshen, Svegliare i leoni (tit. originale Leha’ir arayot), Giuntina, Firenze 2017. Traduzione di Ofra Bannet e Raffaella Scardi.

Eitan Green è un neurochirurgo dalla storia professionale un po’ travagliata: lavorava a Tel Aviv ma, scoperto un giro di mazzette, è stato costretto a trasferirsi a Beer Sheva, perché come sempre sono gli onesti a pagare e non i disonesti. Dunque insieme alla moglie Liat e ai due figli Yahli e Itamar si trasferisce nel deserto. La moglie è ispettore di polizia, i bambini vanno uno all’asilo e l’altro alla scuola elementare.

Un giorno Eitan, finito un turno di diciannove ore in reparto, anziché tornare sfinito a casa decide di andare a fare una corsa nel deserto con la sua jeep. È buio ed Eitan presuppone che nessuno sia in giro per il deserto a quell’ora di notte, invece un uomo c’è, a piedi, e lui lo investe. Scende e lo trova agonizzante, lui che è medico capisce immediatamente che è in fin di vita e che non ci sarebbe in ogni caso niente da fare. Perciò scappa. Risale in macchina e scappa. Perché, se si scoprisse che ha ucciso un uomo, perderebbe il lavoro, la moglie, i figli, la reputazione. Non si accorge invece che è proprio così, scappando, che diventa un criminale: perché se avesse denunciato l’incidente avrebbe potuto cavarsela con un’accusa più leggera, così invece diventa un “bastardo”, come lo chiamerà la moglie impegnata a risolvere il caso, senza sapere che è proprio suo marito il bastardo in questione.

La mattina dopo, però, a casa di Eitan si presenta una donna. Una donna di colore, bellissima. Da notare che l’uomo investito da Eitan era un eritreo, anche se lì per lì il neurochirurgo non si rende subito conto della nazionalità dell’ucciso, perché per lui i “neri” sono tutti uguali, non riesce a distinguerli. Tornando alla donna: l’ha trovato grazie al portafoglio, che gli era caduto sul luogo dell’incidente. E inizia subito a ricattarlo, non però chiedendogli soldi, ma qualcosa di diverso.

Tutto questo è scritto nella quarta di copertina e succede nelle primissime pagine del libro, quindi non vi ho svelato niente che non scoprirete subito se deciderete di leggere il romanzo.

I temi del romanzo principalmente sono due: l’eterna domanda “cosa avresti fatto tu al suo posto?” e il razzismo. La prima domanda, il primo tema è logico. A chiunque verrebbe da chiedersi cosa avrebbe fatto al posto di Eitan: io sarei scappato/a, mi sarei costituito/a? Che riflessioni avrei fatto? Un tema molto interessante, che sicuramente ci porta a riflettere molto proseguendo nella lettura del libro. Il secondo tema è altrettanto interessante: l’uomo ucciso è un eritreo, un clandestino, sua moglie clandestina quanto lui. Incontreremo decine, centinaia di clandestini in questo libro, perlopiù eritrei. E ci troveremo di fronte all’atteggiamento degli israeliani nei loro confronti, ma anche nei confronti dei beduini e degli arabi in generale, nordafricani inclusi (Liat, la moglie di Eitan, è di origine nordafricana, anche se preferisce dimenticarlo). Un atteggiamento con cui il lettore italiano si può facilmente identificare, in cui si può facilmente specchiare, perché è anche l’atteggiamento nostro. “Non possiamo accoglierli tutti, non capiscono una parola della nostra lingua, sono tutti uguali, ecc. ecc.” Di fatto, “sono inferiori” è il succo del pensiero tipico dell'”uomo bianco”, dell’uomo privilegiato di fronte alla disperazione di queste persone che vengono a cercare un futuro, a volte migliore, a volte semplicemente un futuro, punto, perché nei loro Paesi c’è solo morte.

Insomma, il libro è estremamente interessante perché fa riflettere moltissimo, ci fa interrogare su noi stessi e non su qualcosa di astratto e lontano, e questo non è cosa che avviene con tutti i romanzi attualmente in circolazione. Tuttavia, il libro ha delle evidenti pecche, che per quanto mi riguarda sono due. La prima, mi dispiace, non ve la posso dire, perché vi rovinerei completamente il piacere della lettura, ma diciamo che è qualcosa che scoprirete andando avanti a leggere e che io ho trovato assolutamente inverosimile e gratuito ai fini della storia. Diciamo che leggendo mi dicevo “fai che non succeda”, perché forse un po’ di segni c’erano, e invece succede ed è stata una grossa delusione. La seconda pecca è il finale, che ovviamente non vi racconto, ma che mi ha dato l’impressione di essere raffazzonato, un po’ come se l’autrice non avesse idea di come concludere e allora avesse buttato là quello che le sembrava più logico, ma che comunque a me, personalmente, ha lasciato un po’ con l’amaro in bocca. Non dubito che invece altri possano apprezzare quelle che io ho definito pecche.

In conclusione, il romanzo allo stesso tempo mi è piaciuto e mi ha molto deluso. Direi che sicuramente supera abbondantemente la sufficienza, ma non credo mi resterà nel cuore. Lo consiglio, senz’altro, ma siete avvisati. Del resto, questo romanzo, uscito da poco in Italia, sta piacendo tantissimo, quindi forse sono io che voglio la perfezione, c’è questa possibilità.

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